Durante il periodo della pandemia per alcune famiglie ospiti nei Cas (Centri accoglienza straordinaria) era arrivato il momento di uscire ma sono state previste delle proroghe. Terminato il periodo di emergenza, la Prefettura di Alessandria ha chiesto aiuto al servizio sociale per trovare una soluzione confacente alle esigenze di donne sole con bambini. Ne abbiamo parlato con Tiziana Piras, assistente sociale e referente per l’immigrazione del Cissaca (nella foto), il consorzio dei servizi sociali tra 23 comuni dell’Alessandrino, tra cui il capoluogo.
“È iniziata una stretta collaborazione tra il Cissaca, gli operatori dei tre enti gestori dei Cas (Social Domus, Eri, Consorzio Abc e Crescere insieme che gestiva il Sai) e la Prefettura. Utilizziamo i posti del dormitorio mamma-bambino gestito da Caritas. E dopo essere stati accolti in emergenza, si trova posto nel Sistema di accoglienza e integrazione o si individuano risorse nella rete delle famiglie coinvolte nell’accoglienza” spiega Tiziana Piras. Spesso arrivano donne che hanno fatto domanda di asilo in Italia e che poi si recano in Germania, dove ci sono sostegni e il permesso di soggiorno legati alla maternità, infine rientrano nel nostro Paese.
Un progetto Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione) ha individuato il Cissaca per un percorso di formazione con l’Associazione Frantz Fanon di Torino che ha come obiettivi la promozione e la tutela della salute mentale degli immigrati, dei rifugiati e delle minoranze. “Ci hanno contattato perché ci occupavamo di un certo numero di minori stranieri non accompagnati. Abbiamo effettuato quattro incontri tramite il progetto Fermento che aveva un finanziamento per il supporto psicologico. Abbiamo portato il nostro punto di osservazione privilegiato: spesso nelle famiglie che seguiamo è presente un minore che richiede una valutazione neuropsichiatrica il cui esito era spesso una diagnosi dello spettro autistico” dice ancora l’assistente sociale del Cissaca.
“Con la chiusura del progetto Fermento, si è tenuta una tavola rotonda alla quale hanno partecipato enti, cooperative e scuole interessate al fenomeno. La partecipazione è stata importante e inaspettata e ha consentito di costruire un gruppo di lavoro con il Comune di Alessandria, il Cissaca, l’aps Cambalache, le ludoteche, i Cas e l’Asl Al. Abbiamo elaborato una griglia di osservazione che è stata distribuita ai nidi comunali, alle ludoteche, agli enti gestori dei Cas del territorio e agli operatori del dormitorio mamma-bambino. Si dovranno compilare i dati per tutti i minori STRANIERI da 0 a 3 anni in relazione alla figura materna – spiega Tiziana Piras – Lo scopo è quello di osservare preventivamente eventuali comportamenti disfunzionali e capire qual è l’intervento educativo adeguato per prevenire un eventuale eccesso di sanitarizzazione, se non c’è una patologia conclamata. Le donne sono spesso vittime di traumi e abusi, non conoscono la lingua, non sono ben integrate e trovano un modello educativo distante da quello che conoscono. È importante la collaborazione tra enti e saperi da diversi punti di vista. Ciò non porta ad un cambiamento immediato ma serve anche per osservare e studiare un problema, non solo per risolverlo subito”.
“La sinergia tra pubblico e privato è sempre più importante. La collaborazione con la Prefettura è viva e costante perché il fenomeno migratorio non è più un’emergenza ma una realtà strutturale. Ci sono minori stranieri non accompagnati, di origine albanese e negli ultimi sei mesi anche egiziana, tunisina e turca, donne nigeriane che chiedono asilo in Italia, migrano in Germania e ritornano dopo anni senza alcuna assistenza, immigrati adulti con disabilità per i quali serve assistenza” sottolinea in conclusione Tiziana Piras.
Per quanto riguarda il fenomeno migratorio dei minori stranieri non accompagnati, i servizi sociali rilevano un graduale e costante aumento in provincia e soprattutto nella città di Alessandria. Fino all’anno scorso, nel capoluogo erano presenti quasi esclusivamente ragazzi provenienti dall’Albania. Entrati regolarmente in Italia, spesso accompagnati da un parente, questi ragazzi soggiornano alcuni giorni in città presso parenti o conoscenti poi si recano in Questura dichiarando di essere rimasti soli. Spesso sono accompagnati da un adulto che dichiara di averli trovati soli in città e di non avere alcun legame con loro. In genere hanno tra i 14 e 17 anni e in molti casi sono molto vicini alla maggiore età, quasi sempre non hanno alcuna competenza linguistica italiana.
I ragazzi turchi, invece, sono quasi sempre in contatto con gestori di attività di ristorazione mentre gli egiziani e i tunisini sono spesso in fuga dai Cas o dai Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) della Sicilia e hanno un’età inferiore ai 16 anni.