Francesco Farina, Alessandra Vinciguerra, Iris Scaramozzino, Orlando De Gregorio

Comprendere le sfide legate al fenomeno migratorio e identificare soluzioni per proposte condivise e collaborative: è questo lo scopo del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione che si è tenuto il 13 dicembre nella sede dell’Associazione Cultura e Sviluppo. L’incontro, intitolato Quando la buona accoglienza diventa risorsa: insieme verso un modello alessandrino e rivolto a tutti i cittadini e agli operatori del settore, rientrava nel progetto Agoral 2, realizzato nell’ambito del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione, del quale la Prefettura di Alessandria è capofila e Aps Cambalache, Associazione Cultura e Sviluppo, Codici Cooperativa Sociale, Cooperativa Sociale Coompany & sono partners.

“Agoral è un progetto condiviso, e per questo è già importante, con l’obiettivo di sviluppare un modello alessandrino nel quale l’accoglienza deve diventare una risorsa – ha detto il prefetto di Alessandria, Alessandra Vinciguerra, aprendo l’incontro – L’immigrazione nell’ultimo decennio è un fenomeno di grande rilevanza. Le persone fuggono per cercare lavoro, perché ci sono conflitti o in quanto perseguitati. L’immigrazione porta benefici solo se viene attentamente gestita e crea tensioni se viene subìta”.

Occorre favorire una reale integrazione sociale nel tessuto del territorio e per questo serve la collaborazione tra i diversi enti competenti. Come ha sottolineato il prefetto “serve una rete che promuova iniziative di sensibilizzazione e di educazione. È la condivisione di informazioni oggettive, neutrali e affidabili la base per conoscere il fenomeno migratorio”.

Con i progetti Agoral sono attivate risorse per oltre un milione di euro destinate ad iniziative sul territorio. “Agoral è un progetto di capacity building per gli enti e gli operatori che si occupano degli utenti stranieri. Sono stati strutturati percorsi di formazione anche per la semplificazione del linguaggio burocratico e per facilitare la comunicazione con strumenti innovativi per l’utenza straniera, come l’app Agoral” ha spiegato Iris Scaramozzino, funzionario assistente sociale della Prefettura di Alessandria e responsabile del progetto.

Il Rapporto 2023 dell’Osservatorio sull’immigrazione in provincia di Alessandria, presentato da Orlando De Gregorio, è il frutto di un lavoro di collaborazione territoriale curato da Codici. Il Rapporto rende pubblici i principali dati quantitativi e qualitativi ed è utile per promuovere la discussione sul territorio. Il lavoro dell’Osservatorio proseguirà con il Rapporto 2024. Dai dati emerge che la nostra provincia rappresenta un territorio dove sono all’opera processi di stabilizzazione quali l’aumento dei ricongiungimenti familiari, le domande di cittadinanza, la quota di permessi di lungo periodo, ma anche di dinamicità data da nuovi flussi in ingresso, ad esempio le domande di asilo.

Il mercato del lavoro è in ripresa rispetto al 2020, crescono le imprese straniere, anche femminili, è consolidata la presenza di lavoratori stranieri nel mercato del lavoro ma permangono criticità legate alla maggiore precarietà e alla segmentazione del mercato del lavoro. Gli accessi ai servizi confermano l’incidenza di fenomeni di povertà tra le persone di cittadinanza straniera.

L’incidenza di stranieri tra allieve e allievi nella scuola è significativa nel confronto regionale. La violenza sulle donne è trasversale. Esiste un tessuto associativo straniero che presenta alcune debolezze e che va sostenuto e coinvolto maggiormente nella governance dell’immigrazione. Qui potete scaricare e leggere il rapporto

Francesco Zito, direttore centrale dei servizi civili per l’Immigrazione e l’asilo al Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, già prefetto di Alessandria, ha descritto il fenomeno migratorio nella dimensione nazionale. Il trend è in crescita, il canale mediterraneo è quello numericamente più importante, poi c’è la rotta balcanica. Nel 2023 sono arrivate 153.126 persone dalla rotta mediterranea, erano 68 mila nel 2021. “È un fenomeno ondivago, i numeri dipendono da da cause esterne al nostro Paese. Arrivano migranti economici, per conflitti e carestie, in prevalenza sono subsahariani” ha spiegato il prefetto.
Le rotte principali convergono su Lampedusa. Dalle Libia, in particolare dalla Tripolitania, i migranti arrivano con piccole imbarcazioni di lamiera e spesso avvengono naufragi, dalla zona di Bengasi verso la Sicilia partono invece grandi pescherecci che trasportano da 400 a 800 persone. La rotta dalla Turchia, attraversa il mar Egeo verso la Calabria (Roccella Jonica e Crotone) e il Salento. I porti più lontani per l’approdo delle navi ong sono stati individuati perché la Sicilia e la Calabria erano alla saturazione. “Meglio fare due giorni in più in nave piuttosto che avere un accoglienza spartana in Sicilia e poi fare un trasferimento in autobus” ha detto Zito.

Esiste poi la rotta terrestre dai confini orientali (Slovenia e Austria): il Friuli non è zona di frontiera dell’Europa ma spesso arrivano migranti che nono sono stati intercettati prima. “Buona parte delle persone che arrivano in Italia non ha intenzione di rimanere. Molti vogliono andare in Francia, Germania e nord Europa dove hanno già parenti: sono i cosiddetti movimenti secondari” ha spiegato ancora il prefetto.

Nel suo intervento Zito ha illustrato anche le funzioni degli hotspot, luoghi di primissima accoglienza, dei Cpa per la prima accoglienza, che si trovano in Sicilia, Calabria, Puglia, Friuli e Veneto, dei Cas, i centri di accoglienza temporanea e straordinaria, diventati la modalità normale di accoglienza del richiedenti asilo, prevalentemente nel nord Italia, che possono essere collettivi o di accoglienza diffusa. Ricevuta l’esito positivo della domanda di asilo, la seconda accoglienza avviene nei centri Sai (Sistema Accoglienza Integrazione) per i quali il rapporto è tra il comune e il gestore del progetto. I minori stranieri non accompagnati hanno una tutela e un percorso di accompagnamento dedicato.

Massimo Gnone, integration associate dell’Unhcr, è intervenuto per illustrare la strategia per l’integrazione dell’Agenzia Onu per i rifugiati. Le cosiddette piste di lavoro riguardano il coinvolgimento dei Comuni e delle reti locali con istituzioni e società civile, la creazione di spazi polifunzionali per l’integrazione, interventi per la coesione sociale, l’empowerment e l’associazionismo, iniziative per l’inclusione lavorativa e l’accesso all’istruzione terziaria. Lo Spazio Comune creato in alcune città è un centro multifunzionale dove sono concentrati i servizi fondamentali per l’integrazione delle persone rifugiate, uno spazio aperto e facilmente accessibile dove i rifugiati possono trovare risposte ai propri bisogni di integrazione nelle comunità che li accolgono.

“I rifugiati non devono esser oggetto di interventi ma protagonisti. Stiamo lavorando con l’Anci per l’adesione dei Comuni alla Carta per l’integrazione. Anche l’accesso all’università è importante per l’integrazione e per questo abbiamo creato i corridoi universitari del progetto Unicore. Per il lavoro esiste il programma Welcome tramite il quale viene dato un riconoscimento alle aziende che assumono o fanno percorsi di formazione per i rifugiati. Sono tante le aziende che stanno riconoscendo i talenti dei rifugiati come risorse delle quali non possono più fare a meno”.

Alidad Shiri, autore del libro Via dalla pazza guerra, è intervenuto per raccontare la sua storia: arrivato in Alto Adige nel 2005 dopo un viaggio durato quattro anni, oggi è laureato in Filosofia politica, è giornalista e collabora con varie associazioni umanitarie, tra cui Unhcr Italia. Nel libro racconta la sua storia di bambino fuggito dall’Afghanistan in guerra.

“Nessuno vuole essere rifugiato. Quando avevo 9 anni mio padre, a capo di un partito, è morto per l’esplosione di una mina, sei mesi dopo sono state uccise anche la mamma, la nonna e mia sorella minore. Io non volevo lasciare il mio Paese, ma con mia zia sono dovuto andare in Pakistan. Anche lì c’erano i talebani e io dovevo scappare. Mia zia ha pagato un trafficante e dopo 23 giorni di viaggio sono arrivato in Iran. Ho iniziato a lavorare di notte perché ero senza documenti, sono rimasto due anni ma io volevo studiare. Cercavo di essere invisibile perché ero senza documenti”.

Shiri ha raccontato del suo viaggio verso l’Europa tramite un altro trafficante, del suo arrivo a Istanbul dove è stato tre mesi. Dopo un viaggio legato all’asse di un tir, si è ritrovato in Alto Adige, dove i Carabinieri lo hanno trovato e portato in una comunità. In seguito è stato adottato da una famiglia. “Il motore del mio successo è stata la scuola, non solo luogo di apprendimento ma laboratorio di umanità”.

Shiri è tra i fondatori di Unire (Unione Nazionale Italiana per i Rifugiati ed Esuli), un’associazione apartitica di promozione sociale costituita da rifugiati ed esuli che intende mettere in contatto rifugiati, beneficiari di protezione e richiedenti asilo su tutto il territorio italiano. “Unire è nata per dare voce ai rifugiati. Abbiamo molti portavoce ma non abbiamo voce. Offriamo una nuova narrazione sui rifugiati e i migranti”.

L’incontro è stato introdotto e moderato da Francesco Farina, viceprefetto aggiunto e dirigente dell’area Tutela dei diritti civili, cittadinanza e immigrazione.