Con una sentenza depositata il 29 luglio, la Corte di Giustizia europea ha dichiarato che il requisito di 10 anni di residenza per accedere al reddito di cittadinanza è in contrasto con il diritto dell’Unione e dunque deve essere cancellato. Il principio è stato affermato in favore dei cittadini extra Ue titolari del permesso di lungo periodo perché il giudizio avanti la Corte nasceva da un procedimento penale, avanti il Tribunale di Napoli che vedeva imputato un titolare del permesso per aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza senza avere il requisito di 10 anni.
“Attualmente sono però pendenti davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte europea altri due giudizi, promossi da Asgi, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, riguardanti i cittadini europei e i titolari di protezione internazionale ed è inevitabile che la sentenza estenda i suoi effetti anche in tali giudizi” comunica l’Asgi.
“Si avvia così a definitivo superamento, dopo cinque anni, l’assurda situazione creata da una norma del tutto irragionevole, in nessun paese d’Europa viene previsto un requisito di questa entità, a causa della quale migliaia di stranieri, e talvolta di italiani, hanno perso la possibilità di accedere a una prestazione sociale di fondamentale importanza oppure, avendola comunque ottenuta, l’Inps infatti erogava il reddito senza un preventivo controllo dei requisiti, si sono trovati perseguiti con richieste di restituzione cui non potevano far fronte o addirittura si sono trovati imputati in processi penali e additati all’opinione pubblica quali truffatori dello Stato, quando invece era lo Stato ad aver agito illegalmente” dichiara ancora l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione.
Asgi, che ha promosso i due giudizi avanti la Corte di Giustizia e la Corte Costituzionale, dove sono intervenuti a sostegno anche la Cgil, la Comunità di Sant’Egidio e la Caritas Ambrosiana, e molti altri giudizi avanti i Tribunali d’Italia, chiede ora che “preso atto della sentenza, il Governo e l’Inps intervengano immediatamente per sospendere tutte le illegittime procedure di restituzione e il Parlamento riveda anche il requisito di cinque anni di residenza oggi previsto per l’Assegno di Inclusione, riconoscendo che tutti coloro che si trovano sul nostro territorio possano accedere, in condizione di uguaglianza e senza discriminazioni, alle prestazioni essenziali”.
Qui potete leggere il testo completo della sentenza