Nell’ultimo triennio l’economia italiana è cresciuta più della media dell’Ue27 e di Francia e Germania tra le maggiori economie dell’Unione. Alla crescita si è associato il buon andamento del mercato del lavoro. È quanto emerge nel Rapporto annuale 2024. La situazione del Paese presentato nei giorni scorsi dall’Istat.

Dalla seconda metà del 2021, come le altre maggiori economie europee, l’Italia si è confrontata con l’ascesa dei prezzi originata dalle materie prime importate, seguita a fine 2022 da un rapido processo di raffreddamento, rafforzatosi nel 2023. L’episodio inflazionistico ha avuto effetti differenziati sulle imprese e, in particolare, sulle famiglie, con le retribuzioni che non hanno tenuto il passo dell’inflazione, riducendo il potere di acquisto soprattutto delle fasce di popolazione meno abbienti.

Un fattore individuale determinante per il rischio di povertà è la cittadinanza. Nel 2022 i lavoratori di nazionalità italiana hanno un rischio di povertà di quasi 15 punti percentuali inferiore a quello degli stranieri; tale distacco supera i 18 punti se i lavoratori stranieri provengono da un paese non appartenente all’Ue27.

Negli ultimi due anni è rallentata la perdita di popolazione in atto dal 2014. Al 31 dicembre 2023, la popolazione residente ammonta a 58.989.749 unità, in calo di 7 mila persone rispetto alla stessa data dell’anno precedente. Il 2023 ha fatto registrare l’ennesimo minimo storico in termini di nascite. Nonostante una riduzione dell’8 per cento dei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo. Negli ultimi anni si è, inoltre, ridotto l’effetto positivo che la popolazione straniera ha esercitato sulle nascite a partire dai primi anni Duemila.

Le retribuzioni reali sono aumentate molto lentamente e con l’inflazione hanno perso terreno. La quota di lavoratori con basse retribuzioni annuali permane ampia, prevalentemente in associazione con la ridotta intensità lavorativa e con la durata dei contratti: fenomeni, questi, che riguardano maggiormente le donne, i giovani e gli stranieri.

I dipendenti delle imprese private extra-agricole che nel 2022 si collocano nella fascia a bassa retribuzione annuale, ossia sotto una soglia pari al 60 per cento del valore mediano, sono 4,4 milioni (poco meno del 30 per cento del totale), con un’incidenza molto maggiore per i dipendenti con contratti non standard, soprattutto a termine e a tempo parziale. Giovani, donne e stranieri sono gli individui che più si associano a criticità retributive.

La riduzione dei giovani dal 2002 al 2023 è stata del 28,6 per cento nel Mezzogiorno, a causa della denatalità e della ripresa dei flussi migratori, contro il 19,3 nel Centro-Nord, dove il fenomeno è attenuato da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri.

Qui potete scaricare il Rapporto Istat e le infografiche