La cooperativa Alpi del mare onlus, nata nel Cuneese, dalla fine di agosto dell’anno scorso ha iniziato a lavorare con i centri d’accoglienza in provincia di Alessandria: in un anno ha aperto centri collettivi per uomini singoli. nei comuni di Cremolino, Sezzadio, Novi Ligure, Isola Sant’Antonio, Ticineto e Guazzora. Ne abbiamo parlato con Michele Valsecchi, responsabile generale zona della provincia di Alessandria e coordinatore delle risorse umane della cooperativa.

“Sono quasi dodici anni che siamo nel settore dell’accoglienza. Abbiamo partecipato a un bando e siamo subentrati a una cooperativa che aveva deciso di fare altre scelte: nel momento in cui c’è stato bisogno di gestire un Cas già aperto, abbiamo accettato di subentrare. Abbiamo iniziato a Novi Ligure. Abbiamo un nostro modello di gestione dei ragazzi e di accoglienza e ciò che ci differenzia è che tendenzialmente cerchiamo di lavorare più come un Sai (Sistema accoglienza integrazione) che come un Cas (Centro accoglienza straordinaria), cioè non ci limitiamo a fare solo l’accoglienza primaria strettamente indispensabile nei primi 30 giorni come disporrebbe la legge. I ragazzi dovrebbero essere trasferiti in un circuito Sai ma purtroppo i posti sono limitati. Di fatto ci troviamo poi ad avere la permanenza all’interno dei centri di accoglienza straordinari per almeno un anno se non di più. Diventa indispensabile secondo noi iniziare fin da subito un percorso di integrazione nel tessuto sociale italiano in modo che le persone possano poi avere maggiore facilità a portare a termine il progetto e quindi a integrarsi, avere una loro autonomia economica e il loro lavoro. Da noi fanno da subito lezioni di italiano in modo da imparare a comprendere bene e parlare almeno un po’la lingua, praticamente tutti i nostri ragazzi sono iscritti al Cpia (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti) e abbiamo insegnanti interni accreditati in modo che le lezioni vengano fatte direttamente in struttura.

In quali strutture operiamo
“Ospitiamo circa 240 persone in provincia di Alessandria, a Novi Ligure gestiamo un Cas per 24 minori stranieri. Le strutture ospitanti sono ex alberghi o ex agriturismi quindi già idonee all’accoglienza. Solo a Ticineto i cittadini si sono dimostrati inizialmente ostili ma poi il paese è diventato esempio di integrazione. Quando abbiamo iniziato a lavorare, i ragazzi si sono dimostrati splendidi, hanno aiutato fin da subito in paese, si sono fatti voler bene, dal momento in cui hanno avuto il permesso di soggiorno si sono dati da fare per cercare un lavoro, quindi si sta stanno integrando molto bene. Oggi la la stragrande maggioranza dei cittadini e l’amministrazione comunale vogliono bene a questi ragazzi, che sono integrati nel tessuto sociale. L’amministrazione è stata molto collaborativa quando abbiamo spiegato quello che noi volevamo e qual è il nostro metodo di lavoro.

Minori stranieri non accompagnati
A Novi Ligure si trova l’unico Cas per minori stranieri non accompagnati in Piemonte. Il lavoro da fare è estremamente simile a quello che si fa nei Sai. È capitato che dei ragazzi che si stavano integrando siano stati trasferiti, magari in Sicilia o in altre regioni e quindi hanno dovuto lasciare il centro di accoglienza straordinario. È giusto così ma sono rimasti un po’ destabilizzati. Abbiamo anche una convenzione con la squadra di rugby Le tre rose nere di Casale nella quale sono iscritti i nostri ragazzi: a ottobre partirà il campionato. Adesso riusciamo anche a fare effettivamente un buon percorso di integrazione, abbiamo iscritti a scuola i ragazzi, un minore andrà addirittura alle scuole medie perché ha fatto il suo percorso scolastico all’interno del Cas. L’emergenza dei minori stranieri non accompagnati attualmente si riesce a gestire abbastanza bene: in zona non ci sono numeri esagerati ma lavoreremo per attivare un’altra struttura che possa ospitarli se ce ne sarà bisogno”.
“Sarebbe bello che tutti i Comuni avessero posti Sai da poter utilizzare: quando iniziano un percorso, se poi vengono trasferiti e devono ricominciare da zero con altre figure di riferimento, i tempi di integrazione si allungano notevolmente. Secondo me ci vorrebbe una collaborazione tra i Cas e i Sai in modo da poter garantire il percorso che si è iniziato che venga portato avanti in un territorio più o meno simile, almeno nello stesso ambito provinciale”.

Una battaglia per accelerare i tempi
“Personalmente ho iniziato da poco una piccola battaglia e spero il governo in qualche modo possa rendersene conto di questo grave problema: quando i ragazzi arrivano, in teoria nell’arco di 15 giorni dovrebbero avere il primo permesso di soggiorno provvisorio e solo dopo 60 giorni possono andare a lavorare. Se il permesso provvisorio arrivano da 2 mesi a 5 mesi dopo, noi teniamo delle persone anche 6 mesi nelle strutture senza poter svolgere attività lavorativa e quindi senza iniziare quel percorso fondamentale che dovrebbero fare quando arrivano in Italia, ovvero di integrarsi e rendersi economicamente autonomi. Lo Stato italiano dovrebbe essere favorevole nell’accelerare questo percorso: prima vanno a lavorare, prima sono economicamente idonei a poter uscire dal centro d’accoglienza in modo da ospitare altre persone. Bisognerebbe che questi due mesi senza poter lavorare partissero dalla data del fotosegnalamento che avviene appena arrivano in struttura”.