Vi proponiamo la lettura delle analisi del Rapporto annuale 2022 sull’economia dell’immigrazione, curato dalla Fondazione Leone Moressa. Dopo le chiusure del 2020, nel 2021 tornano a crescere i permessi di soggiorno rilasciati: 274 mila, più del doppio dell’anno precedente. In ripresa, soprattutto, gli ingressi per lavoro, passati da 10 mila a oltre 50 mila e pari al 18,5 per cento dei permessi totali. Ma il primo canale di ingresso per gli immigrati in Italia è il ricongiungimento familiare (44 per cento dei nuovi permessi). Gli ingressi per lavoro nel nostro Paese (8,5 ogni 10.000 abitanti) rimangono a un livello molto più basso rispetto alla media Ue (29,8). Gli stranieri residenti in Italia sono oggi stabili a quota 5,2 milioni, l’8,8 per cento della popolazione.

Gli occupati stranieri nel 2021 sono 2,26 milioni, pari al 10 per cento del totale. Il tasso di occupazione, calato bruscamente nel 2020 a causa della pandemia, rimane più basso di quello degli italiani (57,8 per cento stranieri, 58,3 per cento italiani).

Solo il 7,8 per cento degli stranieri svolge attività qualificate e tecniche (gli italiani sono il 37,5). Al contrario, i lavoratori non qualificati sono l’8,5 per cento tra gli italiani e il 31,7 tra gli stranieri. Nonostante la concentrazione in fasce medio-basse, i lavoratori immigrati producono 144 miliardi di valore aggiunto, dando un contributo al Pil pari al 9 per cento. L’incidenza sul Pil aumenta sensibilmente in agricoltura (17,9 per cento), ristorazione (16,9) ed edilizia (16,3).

Continua comunque l’aumento degli imprenditori immigrati, pari al 10 per cento del totale. In dieci anni (2011-21), gli immigrati sono cresciuti (+31,6 per cento) mentre gli italiani sono diminuiti (-8,6) in particolare nei settori delle costruzioni, del commercio e della ristorazione.

L’impatto fiscale del lavoratori immigrati resta ancora attivo. Nonostante la pandemia abbia determinato un calo nei redditi dichiarati (-4,3 per cento), il saldo tra il gettito fiscale e contributivo (entrate, 28,2 miliardi) e la spesa pubblica per i servizi di welfare (uscite, 26,8 miliardi) rimane attivo per 1,4 miliardi di euro. Gli immigrati, prevalentemente in età lavorativa, hanno infatti un basso impatto sulle principali voci di spesa pubblica come sanità e pensioni.

Per tornare ai livelli occupazionali pre-covid, l’Italia avrebbe bisogno di circa 534 mila lavoratori. Considerando l’attuale presenza straniera per settore, il fabbisogno di manodopera straniera sarebbe di circa 80 mila unità. La restante quota di lavoratori potrebbe arrivare valorizzando donne e giovani. Il 40 per cento delle donne inattive non lavora per gestire la casa, i figli o gli anziani. Tra i giovani, 1 su 4 non studia e non lavora. Le poche opportunità portano alla fuga dei giovani verso l’estero: quasi 400 mila negli ultimi dieci anni, in buona parte laureati.

La Fondazione Leone Moressa è un istituto di studi e ricerche nato nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre Cgia, specializzato nello studio delle fenomenologie e delle problematiche relative alla presenza straniera sul territorio. Allo scopo di diffondere la conoscenza del valore economico degli stranieri in Italia, la Fondazione Leone Moressa promuove la ricerca scientifica rivolta allo studio dell’immigrazione attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati e informazioni sul fenomeno migratorio e sui rapporti multietnici.

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