Ecco una sintesi dell’intervento di Nicola Dell’Arciprete, coordinatore dell’Unicef in Italia, al Palais des Nations di Ginevra.
“Dieci anni fa, circa 1.050 persone salirono a bordo di una fragile imbarcazione di legno a Tripoli, in Libia – una barca lunga più o meno quanto un campo da tennis. Molti di loro fuggivano da guerra e conflitti. Speravano di raggiungere un luogo sicuro in Europa. Invece, con il calare della notte, la barca sovraffollata affondò, uccidendo 1.022 persone. Solo 28 sono sopravvissute.
Nonostante le promesse di un ‘mai più’ dopo la tragedia del 2015, si stima che da allora circa 3.500 bambine, bambini e adolescenti siano morti o scomparsi tentando lo stesso viaggio verso l’Italia — una media di un/a bambino/a al giorno. In totale, sono state oltre 20.800 le vite perse lungo questa rotta pericolosa.
Sappiamo che questi numeri sono probabilmente sottostimati. Molti naufragi non vengono registrati e spesso non ci sono sopravvissuti. In molti casi è impossibile verificare l’età delle vittime. Il numero reale è probabilmente molto più alto.
Bambine e bambini rappresentano quasi il 17 per cento di coloro che attraversano il Mediterraneo centrale per arrivare in Italia. Di questi, circa il 70 per cento viaggia da solo, senza un genitore né un tutore legale.
I/le minorenni che arrivano in Europa sono fuggiti da guerra, conflitto, violenza o povertà estrema. Sono in pericolo durante tutto il percorso, costantemente esposti a sfruttamento e abusi.
Per disperazione, hanno affrontato rischi potenzialmente letali per raggiungere un rifugio sicuro. Molti hanno affidato la propria vita a trafficanti interessati solo al denaro. Non alla sicurezza. Non alla morale. Solo al denaro.
Ho visto questo con i miei occhi la scorsa settimana a Lampedusa, dove ci sono minorenni che erano stati stipati in stive buie e senza ventilazione. Alcuni sono arrivati in Italia con ustioni sulla pelle, causate dal contatto prolungato con il carburante.
Questo è il prezzo della mancanza di percorsi sicuri e legali – un prezzo che viene pagato da bambine e bambini. E che continua ad alimentare i profitti dei trafficanti.
L’Unicef è presente sul territorio in Italia, dove lavoriamo con il Governo e altri partner per rispondere ai bisogni immediati di bambini e adolescenti e per sostenere la loro inclusione a lungo termine nelle comunità in cui vivono oggi. E operiamo nei Paesi d’origine per affrontare le cause alla radice che alimentano i flussi migratori globali – dalla povertà ai cambiamenti climatici, fino ai conflitti.
Ora i Governi devono fare di più. Chiediamo loro di utilizzare il Patto su Migrazione e Asilo per mettere al centro l’interesse superiore delle persone di minore età. Chiediamo il coordinamento nelle operazioni di ricerca e soccorso, sbarchi sicuri, accoglienza su base comunitaria e accesso ai servizi per l’asilo. In ultima analisi, dobbiamo fare di più – insieme – per affrontare le cause alla radice nei Paesi d’origine, che costringono bambine, bambini e adolescenti a mettere a rischio la propria vita.
Chiediamo più investimenti nei servizi per l’infanzia – perché ogni minorenne in ogni centro di accoglienza ha diritto agli stessi diritti e servizi di una bambina o un bambino nato nell’Unione Europea.
Stiamo entrando nel periodo dell’anno con il picco degli arrivi. A Lampedusa, ho appreso che negli ultimi giorni sono arrivate circa 1.000 persone, tra cui ottanta minorenni non accompagnati. La situazione al momento è sotto controllo e i trasferimenti vengono gestiti in modo abbastanza rapido ed efficiente. Ma ci sono preoccupazioni su dove vengano inviate persone di minore età non accompagnati, quanto tempo restino nei centri di prima accoglienza e cosa succederà quando – inevitabilmente – gli arrivi aumenteranno con l’arrivo dell’estate.
A dieci anni da una tragedia che avrebbe dovuto cambiare tutto, la realtà è chiara: le promesse di un ‘mai più’ non sono state mantenute. Con sempre più bambine e bambini che rischiano la vita per raggiungere un luogo sicuro, l’urgenza di agire con principio e determinazione non è mai stata così grande. Abbiamo bisogno di azione. Ora”.