La Corte di giustizia dell’Unione europea ha precisato che un rifugiato minore non accompagnato ha diritto al ricongiungimento familiare con i genitori anche se è diventato maggiorenne nel corso della procedura. Quest’ultima deve eccezionalmente estendersi alla sorella maggiorenne qualora necessiti dell’assistenza permanente dei genitori a causa di una grave malattia. Altrimenti, il rifugiato sarebbe privato del suo diritto al ricongiungimento familiare con i genitori. Tale diritto non può essere subordinato alla condizione che il rifugiato minorenne o i suoi genitori dispongano di un alloggio, di un’assicurazione contro le malattie nonché di risorse sufficienti per loro e per la sorella.

Dopo che un cittadino siriano, minore non accompagnato, ha ottenuto lo status di rifugiato in Austria, i suoi genitori e la sorella maggiorenne hanno fatto domanda di permesso di soggiorno in tale Paese per poterlo raggiungere. Le autorità austriache hanno respinto sia tali domande, con la motivazione che, dopo la loro presentazione, il giovane siriano era diventato maggiorenne, sia le successive domande di ricongiungimento familiare. I genitori e la sorella hanno contestato quest’ultimo diniego dinanzi al Tribunale amministrativo di Vienna che ha chiesto alla Corte di giustizia europea di interpretare la direttiva relativa al diritto al ricongiungimento familiare. Tra l’altro, la sorella, a causa di una paralisi cerebrale, dipende in modo totale e permanente dall’assistenza dei suoi genitori, i quali non potrebbero lasciarla da sola in Siria.

La Corte di giustizia ricorda che la direttiva accorda una protezione specifica ai rifugiati. Data la loro particolare vulnerabilità, essa favorisce specificamente i rifugiati minori non accompagnati concedendo loro il diritto al ricongiungimento familiare con i genitori. In primo luogo, la Corte dichiara che un rifugiato minore non accompagnato, diventato maggiorenne nel corso della procedura relativa alla domanda di ricongiungimento familiare con i suoi genitori, ha diritto al ricongiungimento. Tale diritto non può infatti essere subordinato alla maggiore o minore celerità nel trattamento della domanda. Di conseguenza, la domanda non può essere respinta se il rifugiato non è più minorenne alla data della decisione sulla domanda.

In secondo luogo, la Corte rileva che, a causa della malattia della sorella del rifugiato minorenne, se quest’ultima non fosse ammessa al beneficio del ricongiungimento familiare contemporaneamente ai suoi genitori, il rifugiato sarebbe, de facto, privato del suo diritto al ricongiungimento familiare dato che per i genitori è impossibile raggiungere il figlio senza portare con loro la figlia.

Un risultato del genere sarebbe incompatibile con il carattere incondizionato di tale diritto e ne pregiudicherebbe l’effetto utile, violando sia l’obiettivo della direttiva relativa al ricongiungimento familiare sia i dettami della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, riguardanti il rispetto della vita privata e familiare nonché i diritti del minore, che detta direttiva è tenuta a garantire.

La Corte constata inoltre che non si può esigere né dal rifugiato minorenne né dai suoi genitori che essi dispongano, per se stessi e per la sorella gravemente malata, di un alloggio sufficientemente grande, di un’assicurazione contro le malattie nonché di risorse sufficienti. È infatti praticamente impossibile per un rifugiato minore non accompagnato soddisfare tali condizioni ed è estremamente difficile per i genitori soddisfare queste condizioni ancor prima di aver raggiunto il figlio. Pertanto, subordinare la possibilità del ricongiungimento familiare dei rifugiati minori non accompagnati con i loro genitori a queste condizioni equivarrebbe, in realtà, a privare tali minori del loro diritto al ricongiungimento.

La nota della Corte diffusa bei giorni scorsi precisa che il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale, spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.