“Penso che si debba uscire dalla dimensione dell’emergenza perché ormai è dai primi anni 90 che il fenomeno migratorio coinvolge tutto il nostro Paese. Dovremmo avere un’accoglienza strutturata a tutti i livelli con un’idea chiara da parte dello Stato e, attraverso le diramazioni statali e degli enti locali, un disegno omogeneo di gestione quotidiana”: Giorgio Abonante, sindaco di Alessandria, interviene per Agoral su migrazione e accoglienza, a livello politico e locale.

“Pur essendo di fronte a numeri tendenzialmente sopportabili, seppur in fortissimo aumento, e pur essendo un fenomeno annunciato ormai da gennaio, lo Stato non ha agito conseguenza. Ci ritroviamo pertanto a dover gestire una situazione senza avere le strutture, le risorse e il personale adeguati. Qualche anno fa il legislatore, fortemente ispirato da un approccio demagogico, ha di fatto distrutto il sistema dell’accoglienza e oggi ci troviamo in una doppia emergenza: l’arrivo dei migranti e il fatto che molte persone negli anni hanno cambiato lavoro e non fanno più parte di quella di quella massa critica significativa di personale qualificato che si occupava di accoglienza” spiega il sindaco.

Dal punto di vista politico, Abonante sostiene che “ciò che è avvenuto a livello nazionale rimette la destra di fronte agli errori che ha fatto in passato: adesso è la destra della Meloni che si deve occupare dei problemi provocati sul sistema dell’accoglienza dallo schieramento prima guidato da idealmente da Salvini. Migrazione vuol dire accoglienza, poi a livello locale significa che dovrebbero esserci molte più risorse”.

Per il sindaco del capoluogo “I Cas (centri accoglienza straordinaria, ndr) sono decisamente impersonali, con progetti che non riescono a soddisfare le esigenze delle persone, mentre invece i Sai (Sistema accoglienza e integrazione, ndr) sono sempre stati gestiti con numeri inferiori, con più cura della persona, maggiore rete territoriale a disposizione e hanno sempre dato risultati migliori. I Sai vanno nella direzione di rendere strutturale la funzione di accoglienza mentre i Cas hanno una dimensione emergenziale che, non so per quale ragione, lo Stato ha sempre dimostrato di preferire con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti”.

Un problema molto serio che si sta verificando nell’ultimo periodo è l’arrivo di persone molto giovani, spesso minori non accompagnati, anche con grossi problemi di carattere psicologico e quindi di possibilità di integrazione nella società e nelle comunità di riferimento. “Se questi progetti non sono strutturati in modo tale da avere personale qualificato, rischiamo di avere persone con problemi psichiatrici seri abbandonate sul nostro territorio, che possono dare dei problemi a loro stesse e ad altri con i quali interagiscono. Sono problemi che dovrebbero essere affrontati in modo quotidiano ma il personale qualificato non c’è perché mancano le risorse. Il Dipartimento di salute mentale fa il massimo ma con il personale ridotto all’osso. La questione dei minori stranieri non accompagnati è la cartina di tornasole di un sistema fallimentare perché si tratta di ragazze e ragazzi che hanno bisogno di più assistenza rispetto agli adulti. Ma questa si dà non soltanto se ci sono le risorse economiche ma se c’è personale qualificato disponibile nei servizi pubblici e territoriali”.

“Il Comune di Alessandria, come molti altri in Italia, ha problemi economici notevoli quindi per adempiere a una funzione ha bisogno di un grande aiuto da parte dello Stato e soprattutto ha bisogno di una forte unità politica. I partiti di maggioranza che sostengono la giunta che guido hanno chiesto unità di intenti a livello di Consiglio comunale per avere una visione comune condivisa da offrire alla Prefettura. Se lo Stato ci chiede aiuto, lo diamo perché crediamo nell’accoglienza e nel fatto di curare ed accogliere persone in difficoltà. Ma lo dobbiamo fare tutti assieme. Con il prefetto Vinciguerra e i suoi uffici, abbiamo un rapporto molto stretto, cordiale e di fattiva collaborazione. Come sindaco, credo sia doveroso rispondere ad ogni sollecitazione della Prefettura. Quando arrivano sul nostro territorio 4-5 minori non accompagnati alla settimana, la Prefettura non interroga soltanto la mia dimensione di uomo politico ma anche quella culturale, e mi sento di dover dire di sì. Vorrei che questo tipo di approccio fosse quello di tutto il consiglio comunale”.

Al momento sono una cinquantina i minori non accompagnati e circa 350 gli adulti accolti nelle strutture alessandrine ma sono numeri destinati a crescere.

Il Sai è gestito dal Cissaca, il consorzio dei servizi sociali, “un tipo di gestione che ci soddisfa perché è completamente diversa da quella dei Cas: i numeri sono nettamente inferiori con la possibilità di seguire le persone con più attenzione”.

Più che di integrazione, Giorgio Abonante preferisce parlare di socializzazione. “Integrazione può significare rinuncia alle proprie caratteristiche culturali. Ma noi non abbiamo bisogno di smussare le differenze culturali ma di rispetto tra le persone”.

Il sindaco lancia questo appello: “Manteniamo un’etica della relazione fra le persone ma soprattutto facciamo riemergere la politica quindi la capacità dello Stato di assumersi responsabilità e la funzione dell’accoglienza aiutando gli enti locali, mettendo le risorse adeguate e riprendendo pian piano il percorso fatto in passato: formazione del personale nei servizi di accoglienza e socio-sanitari che servono a tutti, non soltanto ai migranti. Abbiamo bisogno di seguire decine di persone che hanno subito violenze e che fanno fatica a socializzare in una condizione completamente nuova”.

Il primo cittadino alessandrino sottolinea il problema di trovare spazi da adibire all’accoglienza. “Le persone non possono essere accolte in qualunque luogo. Quasi tutti gli spazi hanno bisogno di manutenzione ordinaria e straordinaria, altri potrebbero essere interessanti ma sono troppo grandi e necessiterebbero di spese di gestione molto elevate. Stiamo dialogando con la Prefettura da tempo ma facciamo fatica a trovare soluzioni. Non so se possano essere risolutive alcune collocazioni temporanee in strutture demaniali: trovare grandi spazi in cui confluiscono molte persone comporta il rischio di creare situazioni ghettizzanti. Oltre al lavoro di gestione, serve un accompagnamento e un avvicinamento per i residenti delle aree circostanti che noi ci impegniamo a fare. Ma non è semplice soprattutto quando avviene in modo emergenziale”.