Sono per lo più donne (oltre il 70 per cento), giovani (il 75 per cento ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni) e laureati (nel 76 per cento dei casi) gli operatori sociali che si occupano di integrazione nei confronti dei richiedenti asilo e rifugiati, all’interno del Sistema di Accoglienza e Integrazione (Sai) dei Comuni italiani. Sono i risultati che emergono dall’indagine Agire l’accoglienza condotta da Anci e dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre.

La ricerca propone un inedito identikit dell’operatore dell’accoglienza, figura sempre più importante nella gestione complessa dei flussi migratori forzati. Si tratta di circa 10mila lavoratrici e lavoratori, per lo più italiani, che intervengono in quasi mille progetti di accoglienza promossi da una rete di 1800 Comuni coinvolti (tra titolari del progetto Sai ed enti locali coinvolti), per assicurare 44mila posti disponibili per l’accoglienza dei migranti sul territorio italiano.

L’operatore dell’accoglienza è, nel mercato del lavoro italiano, una figura professionale caratterizzata da una complessità di competenze determinate in maniera principale dall’approccio olistico che il Sistema di accoglienza e integrazione richiede, nonché espressione di una modalità di lavoro volta alla presa in carico personalizzata e multidisciplinare dei beneficiari accolti. L’obiettivo della ricerca Agire l’accoglienza è stato quello di comprendere come, con quale impianto organizzativo e con quali strategie professionali e personali, gli operatori effettuino la presa in carico dei beneficiari nei progetti di accoglienza. Il fine ultimo dell’indagine è stato, pertanto, quello di comporre una “fotografia” degli operatori dell’accoglienza e della modalità attraverso la quale essi operano all’interno del sistema locale di welfare.

Il Terzo settore rappresenta circa l’80 per cento degli organismi con cui gli operatori sono in contatto nell’ambito del loro lavoro quotidiano. Quasi il 75 per cento degli operatori è sempre stato impegnato in una attività lavorativa rivolta alle persone e in contatto diretto con esse, e oltre il 53 per cento ha maturato una esperienza di oltre sei anni nel campo dell’accoglienza e delle migrazioni. Il 76 per cento degli operatori è laureato, un terzo ha dichiarato di appartenere a un Albo professionale o possedere un’abilitazione, fra questi la maggioranza è iscritta all’Albo degli assistenti sociali (44,1 per cento) e degli psicologi (28,6 per cento), ma anche interessante considerare che oltre l’8 per cento è iscritto all’Albo/Registro degli educatori, così come il 7 per cento a quello degli avvocati e il 2,7 per cento a quello dei mediatori interculturali.

In merito al rapporto contrattuale prevalente nell’arco della attività lavorativa degli operatori, la modalità principale riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (56 per cento), il 27,6 per cento sono dipendenti a tempo determinato mentre per il 11,4 per cento ha un contratto di collaborazione. Per quanto riguarda le prospettive di lavoro futuro, più dell’85 per cento esprime la volontà di continuare a impegnarsi nel settore. Di questi, il 55,5 per cento dichiara di voler rimanere nello stesso ambito e anche nello stesso ruolo e il 29,7 per cento seppur nello stesso ambito ma con un ruolo diverso.

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