Le operazioni di ricerca e soccorso condotte da Stati e enti privati favoriscono la migrazione irregolare (e di conseguenza le vittime tra i migranti) alterando il calcolo decisionale associato al viaggio? Uno studio pubblicato dalla sezione Scientific reports di Nature, che indaga questa affermazione sul cosiddetto “fattore attrattivo” concentrandosi sulla rotta del Mediterraneo Centrale, la via di migrazione irregolare più frequentata e pericolosa verso l’Europa nell’ultimo decennio, suggerisce che le politiche di respingimento hanno influito sul flusso migratorio, ma che i periodi di ricerca e soccorso non hanno prodotto una differenza apprezzabile tra il numero osservato e quello controfattuale predetto di tentativi di attraversamento. “Di conseguenza – scrivono gli studiosi nell’abstract – non troviamo supporto per l’idea che le operazioni di ricerca e soccorso siano un fattore determinante per la migrazione irregolare”.

Lo studio è firmato da Alejandra Rodríguez Sánchez dell’Università di Potsdam, Julian Wucherpfennig della Hertie School, Centre for International Security di Berlino, Ramona Rischke del German Centre for Integration and Migration Research di Berlino e Stefano Maria Iacus dell’Institute for Quantitative Social Science di Harvard. Qui potete leggere lo studio completo

Su Avvenire, il giornalista Nello Scavo ha pubblicato un articolo che potete leggere qui.
La teoria del “pull factor”, fondata su interessi politici e ideologici, ne esce definitivamente demolita dai ricercatori. Tuttavia proprio nel nome del contrasto al “fattore di attrazione” sono state imbastite le politiche del respingimento e del mancato soccorso in mare. Con il risultato di aver impedito il salvataggio di migliaia di vite senza avere minimamente intaccato il reale andamento dei flussi migratori, semmai aggravando gli abusi contro i diritti umani conclude l’inviato speciale del giornale.