Nel 2021 risultano in aumento le immigrazioni (oltre 318mila; +28,6 per cento) mentre diminuiscono le emigrazioni (poco più di 158mila; -1 per cento sul 2020) soprattutto dei cittadini italiani (94mila; -22 per cento). I dati provvisori diffusi dall’Istat nei giorni scorsi, riferiti al periodo gennaio-ottobre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, evidenziano un ulteriore moderato incremento dei flussi migratori interni (+4 per cento) e dall’estero (+13 per cento, +40 per cento i cittadini stranieri provenienti dall’Africa e dall’Asia ) e una forte riduzione dei flussi in uscita dal Paese (-20 per cento).

Nel 2020 le misure di contrasto alla diffusione della pandemia da Covid-19 hanno segnato significativamente la mobilità residenziale e le migrazioni da e verso l’estero, determinando un calo dei flussi migratori, in lieve ripresa soltanto negli ultimi mesi dell’anno. Nel corso del 2021 le misure di contenimento della pandemia meno restrittive hanno favorito un lento riavvio della mobilità. In ripresa la mobilità tra Comuni: il tasso di mobilità interna degli stranieri è più del doppio di quello degli italiani: si spostano oltre 50 stranieri per 1.000 residenti, contro 22 italiani per 1.000.

In ripresa anche le iscrizioni dall’estero degli stranieri da quasi tutte le aree di provenienza. La dinamica dei flussi migratori con l’estero è stata sensibilmente condizionata dal dispiegarsi della pandemia e dall’incertezza che ne è derivata sia direttamente, per l’impatto delle chiusure e riaperture delle frontiere, sia per la rimodulazione dei progetti migratori. Nel 2021 le iscrizioni anagrafiche dall’estero ammontano a 318.366 (+28,6 per cento rispetto al 2020), a livello nazionale il tasso di immigratorietà totale è pari a cinque immigrati per 1.000 residenti (+1,2 punti per 1.000 rispetto all’anno precedente). Con riferimento alla componente straniera dei flussi di iscrizione dall’estero, nel 2021 si sono registrati circa 244mila immigrazioni, (+27 per cento rispetto al 2020).

Tuttavia, nonostante la decisa ripresa dei flussi di immigrazione, il volume degli ingressi dall’estero dei cittadini stranieri non raggiunge i livelli registrati prima della pandemia. Infatti, dopo il record storico del 2017 (301mila), dovuto verosimilmente anche ai consistenti flussi di cittadini in cerca di accoglienza per asilo e protezione umanitaria, dal 2018 si è registrata una media di circa 270mila ingressi l’anno, fino al 2020, anno in cui le misure di contrasto alla diffusione del virus hanno ridotto in maniera significativa i flussi dall’estero (192mila).

La variazione positiva rispetto all’anno della pandemia si registra per tutte le aree di provenienza dei flussi di immigrazione straniera, in misura minore per i Paesi europei (+12,3 per cento), a causa della considerevole contrazione dei flussi provenienti dal Regno Unito (-70 per cento) e del leggero calo di quelli dal principale paese di provenienza, la Romania (25mila, -1 per cento), e più marcata per il continente asiatico (+55 per cento), per quello americano (+32 per cento) e per quello africano (+25 per cento). Tra i Paesi europei l’Albania è il secondo paese di origine dei flussi di immigrazione con oltre 22mila iscrizioni (+28,4 per cento rispetto al 2020), seguita dall’Ucraina (9mila, +68,6 per cento), riferito ancora alle fasi prebelliche, e dalla Moldova (5mila, +24,4 per cento). Tornano a essere consistenti i flussi di provenienza africana, in particolare quelli dal Marocco (oltre 15mila, pari a +23 per cento, rispetto al 2020). Più contenute in valore assoluto ma sempre in aumento quelle provenienti da Egitto (8mila, +40 per cento) e Nigeria (7mila, +4 per cento).

Tra i flussi provenienti dall’area asiatica, sono quasi raddoppiati quelli dal Bangladesh (15mila, +87 per cento); numerosi anche gli immigrati stranieri provenienti dal Pakistan (14mila, +48 per cento) e India (11mila, +56 per cento). In diminuzione le iscrizioni dal Brasile (7mila iscritti, -8,5 per cento), triplicano, invece, i flussi provenienti da Argentina (6mila, +170 per cento) e in forte aumento anche quelli provenienti dal Perù (5mila, +80 per cento).

Con riferimento al territorio di destinazione, nel 2021 i flussi degli immigrati stranieri si dirigono prevalentemente al Nord (132mila, con un’incidenza del 53,9 per cento sul totale), che è la ripartizione in cui risiedono maggiormente i cittadini stranieri in Italia; seguono il Mezzogiorno (57mila, 23,4 per cento) e il Centro (55mila, 22,7 per cento). Ma l’aumento più marcato rispetto all’anno della pandemia si rileva per le regioni del Sud e delle Isole (+39 per cento rispetto al 2020, contro +24 per cento del Nord e +23 per cento del Centro). A un maggior dettaglio territoriale, la regione che accoglie in valore assoluto più iscrizioni di cittadini stranieri dall’estero è la Lombardia (47mila, 19 per cento del totale), seguita dal Lazio e dall’Emilia-Romagna (entrambe 24mila, 10 per cento), mentre a livello provinciale, i flussi si dirigono soprattutto nelle città metropolitane di Milano e Roma (entrambe 17mila, 7 per cento del totale).

Sul sito dell’Istat potete trovare i dati completi e i grafici del report

L’Istat ha pubblicato anche la Storia demografica dell’Italia dall’Unità a oggi che racconta la trasformazione del Paese negli ultimi 160 anni attraverso i cambiamenti demografici: l’aumento della popolazione e il suo invecchiamento, l’inurbamento, l’emigrazione verso l’estero e le aree forti del Paese, sostituita oggi dall’immigrazione.

Gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2022 sono 5,1 milioni, oltre metà da Paesi europei. Tra il 2012 e il 2021, inoltre, hanno acquisito la cittadinanza italiana 1,3 milioni di residenti stranieri. Gli italiani all’estero e iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero sono invece 5,8 milioni, oltre metà dei quali è concentrata in Argentina, Germania, Svizzera, Francia e Brasile.

L’immigrazione inizia a crescere sostanzialmente nella seconda metà degli anni Novanta. Nei primi anni Duemila, l’accelerazione dell’immigrazione legale (che si traduce in residenza anagrafica) determina una ripresa della crescita demografica, concentrata nelle aree urbane economicamente più forti del Paese. La regolarizzazione degli immigrati, introdotta dalla legge Bossi-Fini, fa aumentare di oltre 700mila i permessi di soggiorno in Italia nel 2004, per coloro che già possiedono un contratto di lavoro. Nel decennio 2005-2014 i residenti crescono di 3,2 milioni grazie all’immigrazione regolare e, anche, alla giovane età e maggior fertilità degli immigrati. Con un certo ritardo, aumentano anche le acquisizioni di cittadinanza, con un picco di 200 mila nuovi cittadini nel 2016.

La recessione iniziata nel 2008 ha reso meno attrattiva l’Italia per gli immigrati e, al tempo stesso, ha portato a una discreta ripresa dell’emigrazione tra i giovani. A inizio 2021, gli stranieri in Italia sono circa 5,1 milioni e rappresentano l’8,7 per cento della popolazione residente, rispetto all’11,3 in Spagna, il 12,7 in Germania e il 7,7 in Francia, dove però l’immigrazione ha una storia molto più radicata (con riferimento al 2015, solo il 70,4 per cento dei nuovi nati ha entrambi i genitori nati nel Paese).

Qui potete leggere tutta la pubblicazione Storia demografica dell’Italia dall’Unità a oggi