La rete di protezione è di fondamentale importanza per le donne vittime di violenza: prima di iniziare il percorso di uscita dalla violenza, il 40 per cento delle donne si è rivolto ai parenti per cercare aiuto, il 30 per cento alle forze dell’ordine, il 19,3 per cento ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale (più di frequente in Lombardia, Basilicata e Umbria).
L’Istat ha iniziato dal 2017 a rilevare dati attinenti al Sistema della Protezione delle donne vittime di violenza. Nel 2018 sono state avviate le Indagini sulle prestazioni ed erogazioni dei servizi offerti dai Centri antiviolenza e analoga rilevazione sulle Case rifugio, la rilevazione statistica sull’utenza dei Centri antiviolenza e la diffusione dei dati del numero di pubblica utilità 1522 contro la violenza e lo stalking. Il focus pubblicato nei giorni scorsi riguarda le donne che si recano ai Centri antiviolenza (Cav), le donne ospitate dalle Case rifugio e le donne che hanno iniziato il percorso di uscita dalla violenza insieme ai Centri e sintetizza i risultati delle rilevazioni svolte nel 2022, riferiti all’anno 2021, e i dati del numero del 1522, rilevati al 31 dicembre 2022.
Le forze dell’ordine e i servizi sociali e sanitari hanno un ruolo importante nell’orientare le donne verso i Cav. Il 26,8 per cento delle donne si reca ai Cav autonomamente e il 17,5 per cento con l’aiuto di parenti e amici, ma il 32,7 per cento è guidato dagli operatori sul territorio (forze dell’ordine, servizi sociali e presidi della salute). Le differenze regionali sono marcate.
La formazione è di centrale importanza: i Cav non soltanto sono luoghi di protezione per le donne, le cui operatrici che vi lavorano ricevono una formazione annuale ma si fanno carico di formare anche altre figure professionali all’esterno (71 per cento dei casi).
Quasi tutti i Cav si occupano di prevenzione sul territorio conducendo attività di vario tipo, fra le quali iniziative nelle scuole. Anche tramite il numero 1522 spesso le donne sono indirizzate verso i Cav e le Case rifugio.
Sono 373 i Centri antiviolenza e 431 le Case rifugio, un dato in aumento rispetto agli anni precedenti, così come è in aumento la loro utenza: 34.500 donne si rivolgono ai Cav, 21.252 di queste ha figli (61,6 per cento del totale). Su un totale di 15.248 figli minorenni, la percentuale di quelli che hanno assistito alla violenza del padre sulla madre è pari al 72,2 per cento e il 19,7 per cento l’ha anche subita.
La maggior parte del personale delle Case rifugio è retribuito. Tante sono le figure professionali che vi operano, dalle operatrici, alle educatrici, alle psicologhe e avvocate; sono di meno le mediatrici. I finanziamenti di Cav e Case rifugio sono soprattutto pubblici; alcuni Cav hanno anche altre fonti di finanziamento grazie alle quali riescono a garantire maggiori servizi e numeri superiori di accoglienza.
Tra le tipologie di servizi, quello per immigrate e vittime di tratta (inclusi i protocolli Unhcr), proposto dal 32,3 per cento dei Centri con più di 75 mila euro di spesa (18,2 per cento dei Centri con meno di 25 mila di spesa) e quello di attivazione del permesso di soggiorno per violenza domestica (art.18bis del Testo Unico Immigrazione), presente nel 38,4 per cento dei Centri che spendono di più contro solo il 9,1 per cento dei Centri con spesa limitata a 25mila euro.
Le donne straniere ricorrono molto più frequentemente delle italiane ai servizi generali (forze dell’ordine, ospedali/pronto soccorsi, servizi sociali) che poi le indirizzano ai servizi specializzati. A fine 2021 risultavano seguite presso i Cav rispondenti alla rilevazione 34.500 donne, di cui 23.083 avevano iniziato il percorso personalizzato di fuoriuscita dalla violenza nel 2021. Le donne straniere in un percorso di uscita dalla violenza erano 9.998 e quelle con figli 21.252, pari al 61,6 per cento del totale. Di queste, 14.307 donne avevano figli minorenni. Sono 2.423 le donne che hanno trovato ospitalità nelle Case rifugio durante l’anno. In oltre la metà dei casi (62,5 per cento, ossia 1.515 donne) si tratta di donne straniere. Le figlie e i figli ospitati sono stati 2.397.
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