Se l’8 e 9 giugno vincessero i Sì al referendum sulla cittadinanza, la quota più probabile di potenziali beneficiari della riforma sarebbe costituita da 1 milione e 420 mila cittadini non comunitari, pari a oltre 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia. In particolare, gli adulti sarebbero 1 milione e 136 mila, tutti titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata, e i minori sarebbero 284 mila, dei quali 229 mila soggiornanti di lunga durata e 55 mila che, pur non avendo maturato in proprio il requisito minimo previsto dalla riforma, diventerebbero italiani per automatica trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori che si saranno naturalizzati grazie alla modifica referendaria.
La prima stima scientifica sull’argomento è stata realizzata dal Centro studi e ricerche Idos. Il quesito referendario chiede che sia abrogata la disposizione contenuta nella legge 91/1992 (art. 9) in base alla quale un cittadino straniero può acquisire la cittadinanza italiana per naturalizzazione dopo 10 anni di residenza continuativa nel Paese, riportando così il limite a 5 anni, come era già previsto nella legge precedente (varata nel 1912 e rimasta in vigore per 80 anni).
Rispetto alle prime proiezioni dei promotori del referendum, riferite a una platea generica di potenziali beneficiari, la stima di Idos ne quantifica la quota più probabile, partendo dagli immigrati con permesso di soggiorno di lunga durata, che a fine 2023 erano 2.139.000, di cui 347.000 minori. Oltre a escludere i cittadini di Paesi Ue, non toccati dalla riforma perché possono già richiedere la cittadinanza italiana dopo soli 4 anni di residenza, la stima dei potenziali beneficiari effettivi decurta dal computo anche una consistente quota di cittadini di Paesi non Ue che non ammettono la doppia nazionalità.
Il report arriva a determinare una ipotesi massima e una minima, indicando come più probabili i valori mediani indicati sopra. Una delle più importanti barriere che limitano l’accesso alla cittadinanza italiana resta la debole situazione economica della popolazione straniera. Il referendum, infatti, non modifica gli altri requisiti necessari per la naturalizzazione, tra cui (oltre alla conoscenza della lingua e all’assenza di condanne penali) il possesso di un reddito adeguato: una condizione che, in base ai dati Istat sulla popolazione a rischio di povertà e di esclusione sociale, anche con il successo del referendum non sarebbe soddisfatta da una ampia fascia di stranieri residenti: fino a 700 mila persone nell’ipotesi massima, senza contare il costo per avviare la pratica, che è stato recentemente aumentato fino a un massimo di 600 euro a testa.
In Piemonte sono stati stimati 90.300 cittadini non comunitari potenziali beneficiari della riforma referendaria, di cui 22.600 minori.
A questo link potete scaricare il report