Elisa Domanico

I migranti si trovano in una condizione sospesa dovuta alla mancanza di certezze e di una progettualità ben definita per il loro futuro, spesso in un contesto di migrazione forzata. “L’atto migratorio ha dei passaggi importanti. Anche quando è programmata, la migrazione prevede tempi e documenti ed è sempre un ‘ponte sospeso’. Il migrante forzato non ha la gestione del tempo, delle risorse economiche e dei documenti e non ha consapevolezza di quello che sarà. I minori stranieri non accompagnati hanno un percorso ancora più lungo, perché oltre alla migrazione attraversano il periodo dell’adolescenza”. La dottoressa Elisa Domanico, psicologa psicoterapeuta, ha il ruolo di supervisione e coordinamento tecnico-scientifico dell’equipe multidisciplinare a supporto dei Cas provinciali per far fronte al crescente fenomeno di disagio psicologico e sociale dei migranti inseriti nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo, minori stranieri non accompagnati e rifugiati. La squadra è stata attivata nell’ambito del progetto Agoral 3 dalla Prefettura di Alessandria, in collaborazione con l’associazione Cambalache, ed è composta da tre psicologi, un’assistente sociale, un’educatrice e una mediatrice linguistica e culturale. Il progetto si estende da maggio 2024 a giugno 2025.

“Guerre, torture, persecuzioni e violenza prima della migrazione, il viaggio, le procedure di asilo, la separazione dalla famiglia di origine, la discriminazione e l’accoglienza precaria sono fattori che possono favorire fragilità o vulnerabilità. Si manifestano disturbi d’ansia, depressioni, disturbo post traumatico da stress. Non è detto che succeda a tutti perché esistono componenti di resilienza personali – spiega la psicologa – Molto si gioca nella fase post migratoria, se ci sono condizioni che favoriscono il superamento delle condizioni di vita difficili”.

Quali sono i fattori di rischio post-migratori per la salute mentale? “Sono le difficoltà di integrazione per le competenze linguistiche fondamentali, di comprensione del proprio iter, del proprio futuro, dello status giuridico, non sempre immediato da cogliere – ricorda la dottoressa Domanico – Dipende dal sistema di accoglienza. Un contesto di isolamento può favorire un arretramento della propria condizione psicologica”.

Il questionario Protect è uno strumento di screening per la valutazione di un eventuale stato di vulnerabilità psicologica che mira a facilitare il riconoscimento precoce delle persone che hanno subito esperienze traumatiche. Protect facilita la presa in carico multidisciplinare con interventi mirati, cercando di ridurre il rischio di deterioramenti e cronicizzazioni e deve essere somministrato a tutte le persone accolte nei Cas adulti arrivati nel centro da almeno 60 giorni e maggiori di 15 anni.

La responsabile dell’equipe multidisciplinare ricorda che “Protect è validato in vari paesi dell’Unione europea. È un questionario di facile somministrazione e può essere utilizzato da personale formato ma anche senza competenze di tipo clinico o etnopsichiatrico. Protect rileva principalmente aspetti legati alle somatizzazioni, problemi dell’attenzione e della concentrazione, le aree che più emergono come fattori di vulnerabilità in popolazioni nelle quali c’è un accesso difficile alle proprie esperienze dal punto di vista verbale, ovvero difficoltà a parlarne anche in termini linguistici, a rievocare i vissuti ed esprimerli verbalmente”.

Entro il 30 maggio i Cas provinciali consegneranno i risultati della somministrazione del questionario Protect dai quali emergeranno i risultati a basso, medio e alto rischio. L’equipe di Agoral 3, con gli psicoterapeuti Giulia Rainoni e Davide Novarese, procederà con un’attività di counseling agli operatori dei Cas. Si valuteranno singolarmente i casi di rischio emersi. Se c’è già un supporto in atto, ad esempio con lo psicologo della struttura o con l’Asl, si effettuerà una nuova verifica dopo 6 mesi. Se invece non è già avvenuta la presa in carico, l’equipe può procedere con il Cas e il beneficiario con un percorso di assessment in tre fasi: confronto con l’operatore di riferimento, primo colloquio clinico con il beneficiario e incontro con operatore e beneficiario.

Si indagheranno gli aspetti del percorso dal punto di vista dell’operatore del Cas, gli aspetti critici del beneficiario e poi si valuterà il percorso più idoneo, come un supporto psicologico o la presa in carico da parte dell’equipe di Agoral. In questo caso si potrà prevedere un percorso personalizzato psicologico, e/o sociale e/o educativo. Potrebbe servire anche una presa in carico di tipo clinico presso gli enti sanitari proposti.