Con oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7 per cento della popolazione, la povertà in Italia è un fenomeno strutturale e non più residuale come in passato. Una povertà che oggi ha sempre più i tratti dell’“ereditarietà”. Il nostro Paese in Europa è quello in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa. Sono i dati riportati nella ventisettesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia dal titolo “Tutto da perdere” di Caritas Italiana.

I poveri assoluti sono saliti lo scorso anno da 5 milioni 316mila a 5 milioni 673mila (+ 357 mila unità). L’incidenza è passata dal 9,1 al 9,7 per cento. Se si considerano i nuclei, si contano 2 milioni 187 mila famiglie in povertà assoluta, a fronte dei 2 milioni 22mila famiglie del 2021 (+165mila nuclei), concentrati soprattutto nel Mezzogiorno.

Evidenti le disuguaglianze tra cittadini italiani e stranieri residenti, acuitesi negli ultimi dodici mesi. La povertà assoluta si mantiene infatti al di sotto della media per le famiglie di soli italiani (6,4 per cento), mentre si attesta su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri (33,2 per cento). Tra gli stranieri con figli minori il dato balza al 36,1 per cento (a fronte del 7,8 per cento delle famiglie di soli italiani). Gli stranieri, pur rappresentando solo l’8,7 per cento della popolazione residente, costituiscono il 30 per cento dei poveri assoluti. L’istruzione continua ad essere tra i fattori che più tutelano rispetto al rischio di indigenza (oggi più del passato), mentre il lavoro non è più causa sufficiente di benessere: il 47 per cento dei nuclei in povertà assoluta risulta avere il capofamiglia occupato.

Nel 2022, nei Centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane le persone incontrate e accompagnate sono aumentate del 12 per cento rispetto al 2021. Complessivamente il peso degli stranieri tra i beneficiari si attesta al 59,6 per cento. Gli aiuti erogati (solo nei Centri d’ascolto collegati alla rete informatizzata) sono stati complessivamente 3,4 milioni, per una media di 13,5 prestazioni per assistito/nucleo. La media del 2021 era di 6,5.

Il Rapporto ha analizzato per la prima volta anche l’effetto della povertà energetica, ossia l’impossibilità di garantire un livello minimo di consumo energetico, che determina conseguenze importanti soprattutto sulle fasce sociali più fragili, e che colpisce il 9,9 per cento della popolazione, con una tendenza all’aumento negli ultimi 10 anni.

Altro focus è dedicato al fenomeno dei working poor, ossia a quelle situazioni di povertà in cui non manca il lavoro ma il reddito non è sufficiente a una vita dignitosa.

Il Rapporto dedica una riflessione anche alla riforma del Reddito di Cittadinanza e al passaggio verso le nuove misure di Supporto alla formazione e al lavoro e Assegno di inclusione. L’abbandono del principio di universalismo selettivo e l’introduzione di nuovi requisiti lascia scoperte alcune specifiche tipologie di poveri (per esempio le persone senza dimora). Situazione più favorevole invece per i circa 50mila nuclei di stranieri che potranno accedere per la prima volta alla misura e il fatto che sommando gli importi dell’Assegno di inclusione con quelli dell’Assegno Universale Unico per i figli a carico, la nuova impostazione sostiene maggiormente le famiglie numerose.

“La presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere è una sconfitta non solo per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società – afferma don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana –, perché così essa si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano dei diritti. Da qui – prosegue – la scelta del titolo ‘Tutto da perdere’, che sottintende come in realtà tutti possiamo dirci vinti di fronte a questi numeri”.

Qui potete scaricare e leggere la versione integrale e la sintesi del Rapporto 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia “Tutto da perdere”