Alla luce dei primi risultati provvisori diffusi dall’Istat, la popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2023 è di 58 milioni e 851mila unità, 179 mila in meno sull’anno precedente, per una riduzione pari al 3 per mille. Prosegue, dunque, la tendenza alla diminuzione della popolazione, ma con un’intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5 per mille), sia soprattutto al 2020 (-6,7 per mille), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014.

Su base nazionale, il calo della popolazione è frutto di un eccesso dei decessi sulle nascite, non compensato dai movimenti migratori con l’estero. I decessi sono stati 713mila, le nascite 393mila, toccando un nuovo minimo storico, con un saldo naturale quindi di -320 mila unità. Le iscrizioni dall’estero sono state pari a 361mila mentre 132mila sono state le cancellazioni per l’estero. Ne deriva un saldo migratorio con l’estero positivo per 229 mila unità, in grado di compensare solo in parte l’effetto negativo della dinamica naturale.

La popolazione di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2023 è di 5 milioni e 50 mila unità, in aumento di 20mila individui (+3,9 per mille) sull’anno precedente. L’incidenza degli stranieri residenti sulla popolazione totale è dell’8,6 per cento, in leggero aumento rispetto al 2022 (8,5 per cento). Quasi il 60 per cento degli stranieri, pari a 2 milioni 989 mila unità, risiede al Nord, per un’incidenza dell’11 per cento, la più alta del Paese. Risulta attrattivo anche il Centro, dove risiede un milione 238mila individui (25 per cento del totale) con un’incidenza del 10,6 per cento al di sopra della media nazionale. Il Mezzogiorno ha invece meno presenza straniera, 824mila unità (16 per cento), per un’incidenza del 4,2 per cento.

Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti.

Nel 2022 i movimenti migratori tornano ai livelli pre-pandemia. I trasferimenti, interni e per l’estero, risultano in crescita sia rispetto al 2021 sia, soprattutto, al 2020, quando le restrizioni dovute alla diffusione del Covid-19 avevano portato a un crollo degli spostamenti.

Le iscrizioni dall’estero per trasferimento di residenza sono 361 mila, cresciute del 13,3 per cento sul 2021 (318mila), del 45,7 per cento rispetto a quelle del 2020 (247mila), ma anche dell’8,4 per cento rispetto al 2019 (333mila). Le cancellazioni per l’estero, invece, continuano a diminuire. Nel 2022 sono appena 132mila, in calo di circa il 17 per cento rispetto agli ultimi due anni, ma del 26,5% rispetto al 2019 quando se ne contarono 153mila.

Il saldo migratorio netto con l’estero sale al 3,9 per mille abitanti, a conferma di una tendenza di crescita avviatasi dal 2014 e interrottasi solo nel periodo pandemico. Il tasso, quindi, è in crescita non solo rispetto ai due anni precedenti, ma anche rispetto al 2019 quando il saldo migratorio con l’estero risultò pari al 2,6 per mille abitanti.

Il Centro e il Nord sono le ripartizioni col saldo migratorio estero più rilevante, +4,4 per mille per entrambe, il Mezzogiorno invece ha un saldo più contenuto, pari al 2,8 per mille. La Lombardia si avvantaggia del 20 per cento (+47mila) dei complessivi 229mila individui che al netto costituiscono il saldo migratorio con l’estero; segue il Lazio, con un saldo di +23mila unità.

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Qui i dati Istat sulle nazionalità degli stranieri residenti