Credit © Unhcr/Helen Ngoh
“Il numero di persone costrette a fuggire a causa di guerre, violenze e persecuzioni in tutto il mondo è insostenibilmente alto, soprattutto a causa dell’evaporazione dei finanziamenti umanitari, con l’unico elemento positivo rappresentato dalla ripresa dei ritorni a casa, in particolare in Siria” ha dichiarato l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati.
Secondo il rapporto annuale Global Trends dell’Unhcr, pubblicato l’11 giugno, alla fine di aprile 2025 c’erano 122,1 milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case, rispetto ai 120 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso. I principali fattori che determinano la fuga rimangono i grandi conflitti come quello in Sudan, Myanmar e Ucraina e la continua incapacità della politica di fermare i combattimenti. Quali saranno le tendenze nei mesi rimanenti del 2025, dipenderà molto dalla possibilità di raggiungere la pace, dal miglioramento delle condizioni di ritorno a casa, e dall’impatto dei tagli attuali ai finanziamenti sulle situazioni di rifugiati e sfollati in tutto il mondo.
Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha dichiarato: “Viviamo in un periodo di intensa volatilità nelle relazioni internazionali, con la guerra moderna che crea un panorama fragile e straziante, segnato da un’acuta sofferenza umana. Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per cercare la pace e trovare soluzioni durature per i rifugiati e le altre persone costrette a fuggire dalle loro case”.
Tra le persone costrette alla fuga ci sono quelle sfollate all’interno del proprio Paese a causa di un conflitto, che sono cresciute di 6,3 milioni fino a 73,5 milioni alla fine del 2024, e i rifugiati in fuga dai loro Paesi (42,7 milioni di persone). Con 14,3 milioni di rifugiati e sfollati interni, il Sudan rappresenta ora la maggiore crisi di sfollati e rifugiati al mondo, prendendo il posto della Siria (13,5 milioni), seguita da Afghanistan (10,3 milioni) e Ucraina (8,8 milioni).
Il rapporto rileva che, contrariamente alla percezione diffusa nelle regioni più ricche, il 67 per cento dei rifugiati rimane nei Paesi limitrofi e che i Paesi a basso e medio reddito ospitano il 73 per cento dei rifugiati del mondo. I Paesi a basso reddito continuano a ospitare una quota sproporzionata di rifugiati nel mondo, sia in termini di popolazione sia di risorse disponibili. Questi Paesi rappresentano il 9 per cento della popolazione mondiale e solo lo 0,6 per cento del prodotto interno globale, eppure ospitano il 19 per cento dei rifugiati. A titolo di esempio vi sono popolazioni di rifugiati molto numerose in Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan e Uganda. Il 60 per cento delle persone costrette a fuggire non lascia mai il proprio Paese.
Mentre il numero di persone in fuga è quasi raddoppiato nell’ultimo decennio, i fondi per rispondere ai bisogni umanitari sono ora all’incirca allo stesso livello del 2015. “Anche a fronte di tagli devastanti, negli ultimi sei mesi abbiamo visto alcuni barlumi di speranza – ha aggiunto Grandi – Dopo oltre un decennio di esilio, quasi due milioni di siriani sono riusciti a tornare a casa. Il Paese rimane fragile e le persone hanno bisogno del nostro aiuto per ricostruire nuovamente le loro vite”.
In totale, 9,8 milioni di persone sono tornate a casa nel 2024, fra loro 1,6 milioni di rifugiati (il numero più alto da più di due decenni) e 8,2 milioni di sfollati interni (il secondo numero più alto di sempre).
Molti di questi ritorni, tuttavia, sono avvenuti in un clima politico o di sicurezza sfavorevole. Ad esempio, un gran numero di afghani è stato costretto a tornare in Afghanistan nel 2024, arrivando a casa in condizioni disperate. In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar e il Sud Sudan, si sono verificati nuovi e significativi flussi di persone in fuga contemporaneamente al ritorno di rifugiati e sfollati interni.
In Italia, alla fine del 2024, c’erano circa 150 mila beneficiari di protezione internazionale, 207 mila richiedenti asilo e oltre 163 mila cittadini ucraini che beneficiavano di protezione temporanea, mentre il numero di apolidi è stimato intorno ai 3.000.
Il rapporto chiede di continuare a finanziare i programmi umanitari che salvano vite umane, assistono i rifugiati e gli sfollati interni che tornano a casa e rafforzano le infrastrutture di base e i servizi sociali nelle comunità ospitanti, come investimento essenziale per la sicurezza regionale e globale.
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