fonte: Corte di giustizia dell’Unione europea
Un tribunale italiano ha interrogato la Corte di giustizia dell’Unione europea in merito alla portata del comportamento illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale, previsto dal diritto dell’Unione. La Corte ha risposto che non rientra in tale tipologia la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere, faccia entrare nel territorio di uno Stato membro cittadini minorenni di paesi terzi che l’accompagnano e nei confronti dei quali è effettivamente affidataria. Infatti, ciò non costituisce favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che il diritto dell’Unione mira a combattere, ma esercizio della responsabilità nei confronti dei minori, derivante dal loro rapporto familiare.
I fatti: nell’agosto 2019, una cittadina di un paese terzo si è presentata alla frontiera dell’aeroporto di Bologna proveniente da un paese terzo, accompagnata dalla figlia e dalla nipote, entrambe minorenni e aventi la stessa cittadinanza, utilizzando passaporti falsi. Dopo essere stata arrestata, le è stato contestato il reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale. La donna ha dichiarato di essere fuggita dal suo paese di origine perché lei e la sua famiglia erano minacciate di morte dal suo ex compagno. Temendo per l’integrità fisica della figlia e della nipote, di cui era effettivamente affidataria a seguito del decesso della madre della bambina, le ha portate con sé. Poco tempo dopo, ha presentato una domanda di protezione internazionale.
Nell’ambito del procedimento penale, il Tribunale di Bologna si è rivolto alla Corte di giustizia, la quale ha esaminato se tale condotta rientri nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell’ingresso illegale, ai sensi del diritto dell’Unione, e se possa essere sanzionata penalmente. La Corte ha risposto, in primo luogo, che la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere, fa entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l’accompagnano e di cui è effettivamente affidataria, non rientra nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell’ingresso illegale ai sensi del diritto dell’Unione. Infatti, ciò costituisce esercizio della responsabilità di tale persona nei confronti dei minori, derivante dal rapporto familiare e dall’affidamento effettivo. Un’interpretazione in senso contrario comporterebbe un’ingerenza particolarmente grave nel diritto al rispetto della vita familiare e nei diritti fondamentali del minore, sanciti agli articoli 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al punto da pregiudicare il contenuto essenziale di tali diritti fondamentali.
Per la Corte, tale interpretazione si impone anche sotto il profilo del diritto fondamentale all’asilo. Infatti, dato che la persona interessata ha presentato una domanda di protezione internazionale, non può, in linea di principio, essere considerata in situazione di soggiorno irregolare finché non sia stata adottata una decisione sulla sua domanda in primo grado, né può incorrere in sanzioni penali a causa del suo proprio ingresso illegale o per essere stata accompagnata, al momento di tale ingresso, dalla figlia e dalla nipote di cui è effettivamente affidataria.
La Corte ha risposto anche che il diritto dell’Unione contrasta con una normativa nazionale che sanziona penalmente tale condotta.
Infatti, gli Stati membri non possono estendere la portata dell’illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale, come definito dal diritto dell’Unione, includendovi comportamenti non previsti da quest’ultimo, in violazione della Carta.
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