La richiesta di referendum in materia di cittadinanza avrebbe come esito che tutti gli stranieri maggiorenni con cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea potrebbero presentare richiesta di concessione della cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza legale in Italia.

La Corte costituzionale ha affermato, con una sentenza, che il quesito è omogeneo, chiaro e univoco: “All’elettore, infatti, è proposta una scelta facilmente intellegibile in ordine agli anni di residenza nel territorio della Repubblica necessari, per il maggiorenne cittadino di uno Stato non appartenente all’Ue, per poter presentare domanda di concessione della cittadinanza italiana: dieci, come attualmente previsto, o cinque, come eventualmente disporrebbe la legge in caso di approvazione del referendum abrogativo”.

Secondo quanto scrive la Corte in una nota, la richiesta referendaria non contraddice neppure la natura abrogativa del referendum. In caso di approvazione del referendum abrogativo verrebbe a essere modificato esclusivamente il tempo di residenza legale necessario per poter presentare la domanda di cittadinanza, pari a cinque anni, restando invece fermi i soggetti che potranno fare la richiesta, i restanti requisiti per presentarla (la residenza nel territorio della Repubblica e l’adeguata conoscenza della lingua italiana), la natura di atto discrezionale di “alta amministrazione” del provvedimento di concessione della cittadinanza.

La Corte ha rilevato che, del resto, il quinquennio di residenza legale sul territorio nazionale, che prima della legge 91 del 1992 era il requisito temporale richiesto allo straniero per poter ottenere la cittadinanza italiana, è già oggi previsto dalla legge quale presupposto perché possano conseguire la cittadinanza italiana gli stranieri maggiorenni adottati da cittadino italiano, gli apolidi e i rifugiati. “La normativa di risulta, pertanto, sarebbe pienamente in linea con un criterio già utilizzato dal legislatore” ha concluso la Corte.