C’è anche l’Università del Piemonte Orientale tra i 35 atenei italiani che daranno la possibilità a 69 rifugiati di proseguire il loro percorso accademico in Italia. Le studentesse e gli studenti saranno selezionati sulla base del merito e della motivazione, attraverso un bando pubblico che chiuderà il 19 maggio. Il progetto Unicore (University Corridors for Refugees) offre ai rifugiati l’opportunità di arrivare in Italia in maniera regolare e sicura per proseguire gli studi, in linea con l’obiettivo dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, di rafforzare i canali di ingresso regolari per rifugiati e di raggiungere un tasso del 15 per cento di iscrizione a programmi di istruzione terziaria nei Paesi di primo asilo e nei Paesi terzi entro il 2030. Il progetto è nato nel 2019 con una prima fase pilota durante la quale sei studenti sono stati accolti da due atenei, per poi espandersi  coinvolgendo un crescente numero di università e di studenti. Oggi il progetto è giunto alla sua quinta edizione ed è rivolto ai rifugiati residenti in Kenya, Niger, Nigeria, South Africa, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Collaborano al progetto il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Unhcr, Caritas Italiana, Diaconia Valdese e Centro Astalli, oltre ad un’ampia rete di partner locali che assicureranno il supporto necessario agli studenti durante il programma di laurea magistrale della durata di due anni e favoriranno la loro integrazione nella vita universitaria.

Come spiega il professor Gianluca Gaidano (nella foto), presidente della Scuola di Medicina e referente per Unicore, “l’Università del Piemonte Orientale ha aderito dall’edizione 3.0 nell’anno accademico 2021/22 per la validità del progetto e per i partner di alto profilo. Il nostro ateneo aveva già esperienza di accoglienza di studenti provenienti da aree di crisi umanitaria. Dal 2017 ad oggi abbiamo avuto circa 60 studenti dalla Siria. Come delegato dal Rettore alla cooperazione internazionale, in ateneo ho trovato persone molto motivate a seguire il progetto”. Finora sono stati accolti due studenti per ogni edizione, e sarà così anche per quella attuale.

“Tengo molto a sottolineare l’importanza del partenariato locale con l’Arcidiocesi di Vercelli, la Pastorale universitaria, la Caritas locale, la Fondazione Migrantes, la Chiesa valdese e l’Edisu, l’Ente regionale per il diritto allo studio universitario del Piemonte” sottolinea il professor Gaidano. 

Gli studenti conseguiranno la laurea magistrale in inglese in Medical biotechologies, localizzata a Novara, nata nel 2014 come corso internazionale e che quest’anno ha 152 nuovi immatricolati provenienti da 30 Paesi del mondo, tra cui quelli del progetto Unicore.

“I ragazzi selezionati sono studenti eccellenti, con skill elevati, grande motivazione e volontà di colmare il piccolo gap di conoscenza. Provengono tutti dall’Africa subsahariana. Nelle edizioni precedenti, due erano eritrei rifugiati in Etiopia e due provenivano dai campi profughi di Nigeria e Camerun, luoghi dove un giovane proprio non vede futuro. Unicore invece apre orizzonti” dice ancora il professore. I primi studenti si laureeranno nell’anno accademico attuale e potranno accedere al lavoro in ambito biomedico, diagnostico, farmaceutico o frequentare dottorati nazionali, anche in Uniupo, e internazionali.

Per quanto riguarda l’integrazione, i ragazzi hanno potuto frequentare i corsi di italiano del Centro linguistico Upo, della Comunità di Sant’Egidio e della Pastorale universitaria. Frequentano le lezioni a Novara ma abitano a Vercelli, a soli 12 minuti di treno, grazie al supporto dell’Edisu e dell’Arcidiocesi. “Il corso che frequentano è internazionale e questo consente di integrarsi più facilmente nella comunità studentesca. Anche l’attività di internato nei laboratori migliora l’integrazione. Poi ci sono molte attività organizzate dalla Pastorale di Vercelli” spiega Gaidano.

“Nel 2018 l’Università del Piemonte Orientale ha firmato il Manifesto dell’Università inclusiva, promosso dall’Unhcr. Unicore è un progetto che va in quella direzione, per una università che includa e dia orizzonti di speranza. Anche noi impariamo tanto dall’esperienza di vita di questi studenti, dalla loro cultura e dal loro vissuto, sicuramente complesso” conclude il docente.

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