La violenza sui minori rappresenta una delle problematiche più urgenti e gravi del nostro tempo. Una piaga sociale che colpisce indiscriminatamente bambini e adolescenti di tutte le etnie, culture, classi sociali e livelli di istruzione, con conseguenze drammatiche sulla loro crescita e sul loro futuro. L’impatto della violenza, poi, è particolarmente grave nei casi in cui i minori abbiano un background migratorio, sia perché vivono in una condizione di particolare vulnerabilità poiché spesso vittime anche di discriminazioni, pregiudizi e marginalizzazione, sia perché hanno più difficoltà nell’accedere ai servizi di sostegno e protezione.

Remì – Reti per il contrasto alla violenza sui minori migranti è un progetto finanziato con il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione e realizzato da Fondazione Ismu in collaborazione con Il Melograno Cbm Onlus, Cidis Onlus, Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia). Tra i principali obiettivi di Remì, che si è svolto in Lombardia (Milano e Monza-Brianza), Umbria (Perugia e Terni) e Campania (Napoli e Caserta), prevenire e contrastare la violenza sui minori con background migratorio, attraverso una serie di azioni concrete, volte a promuovere la loro integrazione, il loro benessere e la partecipazione attiva alla vita della comunità.

Stando all’indagine di Agia (Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza), Cismai e Terre des Hommes, dei circa 402 mila minorenni che risultano presi in carico dai servizi sociali al 31 dicembre 2018 (ultimi dati disponibili), 77.493 lo sono per qualche forma di maltrattamento: quindi 193 minorenni ogni 1.000 in carico ai servizi risultano essere maltrattati. La percentuale di minorenni stranieri in carico ai servizi sociali per maltrattamento è tre volte maggiore rispetto a quella dei minorenni italiani: su 1.000 minorenni, 23 sono stranieri e 7 italiani. Questo dato risulta in aumento rispetto a quello rilevato nella precedente indagine, basata però su un diverso campione, dell’Autorità Garante per l’Infanzia e per l’Adolescenza (2015). Da un lato si ipotizza una maggior attenzione da parte dei servizi sociali e delle istituzioni a riconoscere e denunciare i segnali di maltrattamento anche all’intero dei nuclei familiari stranieri, dall’altro potrebbe pesare, in alcuni casi, l’applicazione di metodi educativi che replicano quanto avviene nei Paesi di origine, ma che in Italia non sono assolutamente ammissibili.

Le famiglie immigrate risultano più vulnerabili in quanto spesso hanno una scarsa conoscenza del sistema italiano di garanzia del minore e una cultura dei suoi diritti diversa e, in alcuni casi, meno attenta a diritti considerati secondari (diritto al gioco, all’ascolto, alla partecipazione). In questo quadro di complessità, i servizi sono tenuti a garantire il diritto di ogni minore, quale che sia la condizione giuridica o la nazionalità, ad essere protetto da forme di violenza e maltrattamento, ma non sempre sono dotati delle competenze necessarie per rilevare, decodificare e affrontare situazioni critiche in famiglie di diversa tradizione culturale. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il progetto Remì, che mira a prevenire e contrastare la violenza sui minori con background migratorio, rafforzando in chiave interculturale il sistema di prevenzione e di contrasto e potenziando la rete dei servizi, per creare un modello innovativo basato su pratiche e metodologie sperimentali da diffondere a livello nazionale. Il percorso implementato all’interno del progetto Remì nasce infatti con l’obiettivo di sviluppare negli operatori di servizi sociali, sanitari, educativi, competenze utili per la prevenzione e il contrasto della violenza sui minori migranti, ponendosi in ascolto, abbandonando per quanto possibile stereotipi e pregiudizi, aprendosi così al mondo delle possibilità che offre l’incontro con la diversità culturale. In questo modo gli operatori stabilendo un dialogo e una collaborazione con le famiglie straniere, possono mostrare loro modelli educativi diversi e accompagnarle nel trasformare le loro pratiche educative, di modo che siano rispettose delle nostre leggi

Il progetto ha dato vita, nel corso della sua realizzazione, agli Spazi Remì, luoghi di ascolto finalizzati a fornire un supporto specifico ai minori vittime di violenza e alle loro famiglie, oltre a essere un utile riferimento per gli operatori dei servizi. All’interno degli Spazi Remì, un’equipe multidisciplinare con operatori specializzati e qualificati, si è concentrata sugli interventi di prevenzione e di presa in carico delle situazioni di rischio, violenza, fragilità e disagio. Sono stati attivati servizi di supporto a chiamata, di mediazione culturale, supporti psicopedagogici, corsi di lingua italiana, counseling legale, laboratori di sostegno alla genitorialità e per la conoscenza dei diritti dei minori nel nostro Paese.

Infine Remì, ha costruito 5 reti territoriali di intervento che hanno coinvolto e messo in relazione, sul territorio, servizi sociosanitari ed educativi del pubblico e del Terzo Settore, scuole e realtà educative, contesti sociali di riferimento, organizzazioni e istituzioni a supporto delle famiglie straniere. Così all’interno del progetto viene approfondita la sperimentazione di una modalità di prevenzione e presa in carico della vulnerabilità delle famiglie con background migratorio – in modo particolare, connessa alla violenza sui minori – che ha attribuito una importanza significativa alla rete. Rete intesa sia come rete di capitale sociale, costituita dai rapporti personali della persona o della famiglia, sia come rete organizzativa in grado di connettere le istituzioni e le organizzazioni per offrire risposte efficaci ai bisogni.

Il report Ismu Lavoro di rete e violenza sui minori stranieri. Un modello di intervento, a cura di Giovanni Giulio Valtolina, psicologo e psicoterapeuta familiare, è disponibile qui.

Qui potete rivedere la conferenza Prevenire e contrastare la violenza sui minori stranieri: il progetto Remì